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Ci sono notti che non seguono il copione. Notti in cui le certezze crollano, i favoriti vacillano e i protagonisti cambiano volto.

La notte NBA appena passata è stata esattamente questo: uno spartito suonato al contrario, dove a guidare l’orchestra non erano le stelle attese, ma chi ha saputo reggere la pressione e riscrivere il finale.

A Cleveland, Tyrese Haliburton ha firmato il colpo più rumoroso della stagione.

A Minneapolis, i Golden State Warriors hanno vinto, ma hanno perso il loro simbolo. Due partite, due città, lo stesso sapore: quello dell’imprevedibilità dei playoff.

🏀 Cleveland-Indiana 119-120: Haliburton, il Re del Silenzio

Rocket Mortgage FieldHouse, Cleveland.
Per 47 minuti e 12 secondi, tutto sembrava andare secondo logica. I Cavaliers avevano in mano la partita e forse la serie. Donovan Mitchell era in versione fuoriclasse, autore di 48 punti, caricandosi l’intero stato dell’Ohio sulle spalle. Cleveland avanti di 7, meno di un minuto sul cronometro. Pubblico in piedi. Il secondo punto era lì, a portata.

Poi, Tyrese Haliburton ha deciso che no, quella storia non sarebbe finita così.

Con una freddezza da veterano e la calma di chi conosce il proprio momento, Haliburton ha messo insieme una sequenza perfetta: una tripla per rientrare, un recupero, un assist, e poi il tiro che cambia tutto. Step-back da tre punti, a poco più di un secondo dalla fine. Rete.

120-119 Indiana. Silenzio a Cleveland.
È il colpo che ammutolisce l’arena, che manda in tilt ogni piano tattico.

È il colpo del campione, l’ennesima prova che Haliburton, a 24 anni, è molto più di un talento emergente.

È un leader. Un closer. Un uomo da playoff.

Con 19 punti, 9 rimbalzi e 4 assist, Haliburton ha guidato i Pacers al 2-0 nella serie.

La prossima si giocherà a Indianapolis, dove ora tutto può davvero succedere.


🐺 Minnesota-Golden State 88-99: i Warriors restano vivi, ma Curry cade

A 1.800 chilometri di distanza, a Minneapolis, un’altra storia prendeva forma. Golden State arriva in Minnesota con il peso dell’esperienza e la voglia di ricominciare.

I Timberwolves, giovani e affamati, partono forti, guidati dal solito Anthony Edwards.

Ma poi accade quello che nessuno voleva vedere: Steph Curry, la luce dei Warriors, si accascia nel secondo quarto.

Caviglia sinistra, dolore evidente.

Esce zoppicando. Teme il peggio tutto lo staff di Steve Kerr.

Teme il peggio tutto il basket.

Eppure, senza il loro faro, i Warriors si ricompattano. Buddy Hield si accende e guida la rimonta con 24 punti e presenza costante nel perimetro. Ma è Jimmy Butler, in modalità veterano totale, a prendersi la squadra sulle spalle: 20 punti, 11 rimbalzi, 8 assist e una leadership che si sente a ogni possesso.

Golden State difende duro, tiene Edwards a 23 punti ma lo costringe a tiri forzati nei momenti chiave. Finisce 99-88 per i californiani. Una vittoria pesante, fondamentale per aprire la serie. Ma con l’infortunio di Curry, anche amara.


✍️ Due partite, un’unica morale: nei playoff comandano i nervi

Indiana non doveva vincere. Golden State, senza Curry, non doveva resistere. E invece lo sport, ancora una volta, ha premiato chi ha saputo restare freddo quando il tempo bruciava.

Haliburton ha scritto una pagina che a Indianapolis non dimenticheranno. I Warriors, con cuore e muscoli, hanno difeso la loro identità. Due squadre diverse, un unico messaggio: nei playoff, non contano i nomi. Contano i momenti. E chi sa prenderli.

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