Oslo, 6 giugno 2025
È difficile trovare le parole giuste quando la delusione va oltre il risultato. Perché perdere ci sta, anche nettamente, ma farlo senza reagire, senza orgoglio, senza rispetto per chi indossa quella maglia e per chi la sostiene, no. Quello che si è visto nel secondo tempo di Norvegia–Italia è stato semplicemente inaccettabile.
🔻 Primo tempo: tre pugnalate
La Norvegia parte a testa alta, con idee chiare e gamba. L’Italia, invece, è lenta, prevedibile, impaurita. Dopo 14 minuti è già sotto: Sorloth insacca il primo gol sfruttando la solita disattenzione difensiva. Al 34′ arriva il raddoppio di Nusa, imprendibile per una retroguardia azzurra disorganizzata e molle. Al 42′, il sigillo di Haaland: 3-0. Sì, tutto questo in meno di un tempo.
😡 Secondo tempo: il buio assoluto
Ci si aspetta una reazione, almeno nell’atteggiamento. Una scossa, anche solo nervosa. Invece niente. L’Italia rientra in campo senza animo, senza cattiveria, senza idee. I cambi non incidono, il possesso è sterile, la Norvegia controlla con una facilità quasi imbarazzante. Gli Azzurri, invece, sembrano quasi accettare il verdetto, camminano in campo. Zero tiri in porta, zero grinta, zero dignità.
E quello che fa più male è il totale disinteresse nel voler cambiare le sorti della gara. Una resa psicologica che sa di vergogna, specie verso quei tifosi che, anche da casa, non hanno mai smesso di crederci. È mancato il rispetto per la maglia, per la storia, per la gente.
🗣️ Le parole non bastano
Nel post-gara, Spalletti è visibilmente scosso: “Così non si va da nessuna parte.” Donnarumma parla di “giornata da dimenticare”, ma il punto non è solo dimenticare: è imparare. Perché una squadra come l’Italia, reduce da due mondiali mancati, non può permettersi un altro fallimento. E la strada verso il 2026 è già in salita.
🆘 Un futuro da ricostruire
Lunedì c’è la Moldova. Sulla carta un avversario abbordabile, ma dopo quanto visto, nessuno è più al sicuro. Servirà ben altro: non solo tattica, non solo tecnica. Servirà cuore, appartenenza, umiltà. Perché ieri sera l’Italia ha perso più di una partita: ha perso credibilità.
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