Milano, 6 maggio 2025 – Ci sono partite che si raccontano, e partite che si tramandano. Inter-Barcellona è una di quelle che entrano nella leggenda, scolpita nel cuore dei 75.000 di San Siro e di milioni davanti agli schermi.
Una semifinale di Champions League che ha superato ogni immaginazione, un’epopea di emozioni, colpi di scena e orgoglio nerazzurro.
A volte il calcio sa essere crudele, altre volte incredibilmente generoso.
La semifinale tra Inter e Barcellona è stata entrambe le cose: una partita che ha portato i tifosi dall’esaltazione al silenzio, e di nuovo all’esplosione.
Finisce 4-3 per l’Inter, in una serata che difficilmente verrà dimenticata.
Non solo per il risultato, ma per ciò che accade dentro e attorno al campo.
Per come una squadra cade, si rialza, si aggrappa a ogni secondo, a ogni pallone.
Inter-Barcellona è stata esattamente questo: una serata folle, intensa, piena di calcio e di cuore.
Lautaro e Calhanoglu: Inter da urlo
La partita è iniziata con ritmo e intensità. L’Inter non ha aspettato. Ha aggredito, pressato, corso. E al 12’, la prima scintilla: Marcus Thuram scappa sulla sinistra, vede lo spazio e serve un pallone teso in area. Lautaro Martínez è pronto. Controllo e conclusione secca. Gol. Uno a zero. Un’esplosione in curva.
Il Barcellona prova a reagire ma non trova spazi. E al 35’, nuova svolta: fallo in area su Barella. Rigore. Calhanoglu prende il pallone, respira. Il tiro è angolato, perfetto. Due a zero. L’Inter sembra avere in mano la partita. Ma con il Barcellona, mai abbassare la guardia.
Il ritorno catalano: da sogno a incubo
Nel secondo tempo tutto cambia. Il Barcellona torna in campo con un altro atteggiamento. I nerazzurri iniziano ad abbassarsi, forse troppo. Al 55’, una palla sporca in area finisce sui piedi di Eric García. Tiro di prima, sotto la traversa. Due a uno.
Il gol riapre tutto, ma soprattutto scuote i catalani. Passano cinque minuti e arriva il pareggio: Dani Olmo sfrutta un varco centrale, salta due uomini e piazza il destro all’angolino. Due a due. San Siro si ammutolisce per un attimo.
Ma il peggio arriva all’88’. Raphinha, entrato nella ripresa, trova il corridoio giusto e con freddezza buca Sommer. Tre a due. Un colpo durissimo, che sembra spegnere ogni speranza.
Il 93’ che cambia tutto
Ma questa Inter ha una caratteristica: non molla mai. Anche quando tutto sembra perso. Anche quando il cronometro dice che manca un respiro. E così al 93’, l’ultimo affondo: cross dalla destra di Dumfries, palla alta, tesa, sporca. Ma in mezzo all’area c’è Acerbi. Salta, impatta, segna. Tre a tre. Esplode tutto. Di nuovo. I supplementari sono realtà.
Frattesi scrive la storia
I minuti extra sono una prova di resistenza. Le gambe non ne hanno più, ma la testa e il cuore sì. E all’ottavo minuto del primo supplementare, ecco il momento decisivo. Thuram parte in velocità, vede Frattesi tagliare dentro. Il passaggio è perfetto. Frattesi controlla e calcia senza pensarci. Palla in rete. Quattro a tre. L’urlo di San Siro si sente fino ai Navigli.
Negli ultimi minuti il Barcellona ci prova, ma Sommer chiude tutto. Concentrazione totale, parate essenziali. Il cronometro corre. L’arbitro fischia tre volte. È finita. L’Inter è in finale.
Una notte che resta
Simone Inzaghi corre sotto la curva, urla, abbraccia. I giocatori sono a terra, esausti. Ma negli occhi hanno la luce di chi sa di aver fatto qualcosa di grande. L’Inter torna in finale di Champions League dopo due anni. Affronterà a Monaco la vincente tra PSG e Arsenal.
Nessuno sa come andrà. Ma una cosa è certa: chi c’era ieri sera, a San Siro o davanti alla TV, ha visto qualcosa che difficilmente dimenticherà.
Una partita che non è solo un risultato, ma un ricordo. Di quelli che restano. Di quelli che si raccontano.
